COME HAI INCOMINCIATO A SCRIVERE LIBRI PER BAMBINI/RAGAZZI?
Dopo aver scritto un saggio di filosofia sul risentimento e un libro sull’antisemitismo italiano, ero immersa nella composizione di racconti, ma cercavo altro. Allora ho incontrato un libro di Arpino, Randagio è l’eroe, e le immagini di Lionni. È stato per me come rinascere. Mi sono ritrovata a scrivere favole senza fermarmi e a ridere, a divertirmi, a ricostruire il mondo su altre basi, su basi bambine. Non semplificate, ma stratificate e rivoluzionarie.
Un libro nasce da un’intuizione che si concretizza, da un’immagine, da un sogno, dalla lettura trasversale di un’esperienza, da un viaggio improvvisato, da uno sguardo rubato, da un cane che scodinzola, da una frase... Gli spunti sono infiniti ed è difficile delimitare il loro effetto su di noi. Quindi non resta che leggere, guardare, vivere, ascoltare, toccare tutto con grande attenzione.
L’essere scrittrice mi consente di muovermi nel mondo con estrema libertà. Ho i miei orari, scelgo le mie postazioni di lavoro, i miei temi, le mie città, gli sfondi dei miei libri e della mia vita. Fare la scrittrice significa leggere tanto, ma anche guardare e ascoltare con molta attenzione e ripensare alle cose. Scrivere non è solo creare; è anche un riscrivere l’esperienza.
COSA LEGGI NEL TUO TEMPO LIBERO?
Principalmente romanzi di grandi autori e autrici statunitensi, inglesi, spagnoli, francesi. Adoro i racconti – particolarmente quelli di Mansfield, Couto, Berlin – ma mi tuffo con piacere anche in romanzi graffianti, che privilegino uno sguardo lucido sulla realtà, una lingua affilata e una prospettiva disincantata, come quella di Oakes. Mi piace, insomma, una letteratura coraggiosa, anche se fa soffrire.
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